Crisi italiana: crisi del centro-destra, ma non solo

 

Taccuino Italiano, Giornale del Popolo, Lugano, 10 ottobre 2012

Silvio Berlusconi è pronto a non ricandidarsi se ciò può essere utile alla riaggregazione dell’intera area del centro destra. L’annuncio è stato dato  dall’attuale segretario del Partito della Libertà, PdL, Angelino Alfano, nel corso di una tavola rotonda cui oltre a lui partecipavano il leader dell’UDC, Pierferdinando Casini, e Enrico Letta,  figura di primo piano del Partito Democratico, PD. Nella circostanza Alfano si è rivolto a Casini invitandolo pubblicamente ad assumere lui la leadership della “ricomposizione” dell’area moderata. Proposta come ovvio immediatamente respinta dall’interessato. Difficile immaginare una figura più barbina ma anche più prevedibile, che  Enrico Letta ha perfidamente commentato citando da I Promessi Sposi la celebre frase “Questo matrimonio non s’ha da fare  né ora né mai”.

Al di là di episodi del genere, sintomatici della situazione di sbando in cui si trova il PdL,  vale innanzitutto la pena di citare un dato, che dice come la crisi politica italiana abbia dimensioni che vanno anche oltre il centro-destra: secondo i più recenti sondaggi circa il 60 per cento degli elettori non sa per chi voterebbe se le votazioni avessero luogo in questi giorni; e una quota ingente di questo 60 per cento aggiunge che molto probabilmente risolverebbe il dilemma  non andando a votare.  Beninteso, tutto ciò non significa che poi le cose andranno proprio così quando si andrà davvero alle urne, ma è sintomo evidente di una crisi generale molto profonda. Chi nell’area di centro-destra nega a Berlusconi il diritto di gestire la propria successione va alla ricerca di un leader “esterno”, dallo stesso Mario Monti, a Luca di Montezemolo, all’attuale ministro dell’Economia Corrado Passera: tutti e tre personalità di fiducia del grande capitale economico-finanziario italiano i cui meriti sono largamente inferiori alla fama di cui godono grazie al costante sostegno di quell’autentica “macchina da guerra” che è costituita dall’attuale alleanza tra il gruppo Rizzoli-Corriere della Sera e il gruppo La Repubblica-Espresso. Tutti e tre personalità i cui effettivi punti di riferimento non sono e non saranno mai politici bensì economici; ovvero non è e non sarà mai l’eventuale coalizione dei partiti di centro-destra bensì quel grande capitale economico-finanziario di cui si diceva.

Tuttavia “se Atene piange Sparta non ride”. Nel PD, indiretto erede del Partito comunista e finora sempre controllato da gruppi dirigenti post-comunisti (fino all’attuale guidato da Pierluigi Bersani), per la prima volta è in lizza con possibilità di vittoria alla massima carica del Partito una personalità, Matteo Renzi, che è grandi linee un post-democristiano. Assume poi sempre maggior peso nel partito  un’area di sinistra intransigente che fa capo al presidente della Puglia Nicki Vendola, e cui appartiene anche ad esempio il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Se il “centro” di Bersani uscirà sconfitto dalle imminenti votazioni “primarie” interne del PD,  non si vede come la linea di Renzi e quella di Vendola potranno coesistere sotto lo stesso tetto.  Se dunque il maggior partito del centro-destra sta già sgretolandosi, il maggior partito del centro-sinistra è prossimo a fare la medesima fine.

Frattanto per parte sua la Lega Nord, la principale tra le forze politiche schierate oggi contro il governo Monti, vive il travaglio della transizione da Umberto Bossi a Roberto Maroni; e nessuno può prevedere quanti dei suoi elettori sono ancora pronti a votarla.

Al momento l’unica novità forte potrebbe venire da un’iniziativa congiunta delle Regioni del Nord volta a premere su Roma in vista di riforme strutturali nel senso di un autentico federalismo: qualcosa cui il governo Monti, ostaggio della burocrazia centrale, non può nemmeno pensare. Anzi, come confermano le decisioni che ha preso ieri, va a testa bassa in direzione opposta. Purtroppo però tali Regioni, almeno per adesso, subiscono senza reagire; oppure reagiscono in modo inefficace ovvero in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, un organismo per la maggioranza dei cui membri il bisogno dei sussidi statali è ben più impellente della difesa dell’autonomia.

Così stando le cose qualsiasi previsione è azzardata. Si può solo continuare ad osservare attentamente quanto accade cercando di cogliere la sostanza della crisi italiana al di là delle nubi e dei tuoni della tempesta mediatica che di questi tempi non cessa mai di avvolgerla.

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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