Renzi: la diagnosi è giusta, ma la medicina è sbagliata

Taccuino Italiano, Giornale del Popolo, Lugano,  31 dicembre 2014

 Nell’anno che oggi si conclude si è compiuto il processo di superamento del sistema politico, figlio della “Guerra fredda”, che aveva caratterizzato la Repubblica Italiana sin da quando era  nata nel 1946. E’senza dubbio questo in Italia l’evento cruciale del  2014.

Nell’area oggi definibile come centro-sinistra  molto fluidamente è accaduto in pochi mesi ciò che nell’area oggi definibile come centro-destra dal 1994 aveva avuto luogo in modo ben più convulso e più lento. Soltanto poco più di due mesi infatti sono trascorsi dall’8 dicembre 2013, giorno dell’elezione a larga maggioranza di Matteo Renzi a segretario del Partito Democratico, al 17 febbraio 2014, quando il presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano, l’ha incaricato di formare un nuovo governo.

Se negli anni ’90 del secolo appena trascorso, travolti da “tangentopoli”, i democristiani e i socialisti erano usciti di scena insieme ai loro partiti lasciando il passo a Forza Italia di Silvio Berlusconi, adesso  sul lato opposto dello schieramento nell’arco di soli due mesi i post-comunisti sono usciti di scena lasciando il passo a Matteo Renzi e a una nuova dirigenza politica che paradossalmente è per lo più erede dell’antica sinistra democristiana. Potrebbe essere interessante andare a vedere come mai ci siano voluti vent’anni per archiviare del tutto un assetto politico giustificato da una situazione storica ormai venuta meno: un ritardo all’origine di quella paralisi politica che è la principale ragione dei guai dell’Italia di oggi. Non è però su questo che intendiamo soffermarci qui. Nell’immediato è infatti più urgente domandarsi se adesso, a svolta avvenuta, ci sono finalmente le condizioni perché le riforme a lungo attese si possano fare; e soprattutto se la maggioranza di governo che si è delineata abbia non solo la forza ma anche le idee che occorrono perché tali riforme siano davvero efficaci e positive. A chi voglia farsi in proposito un giudizio diretto e personale consigliamo di andarsi a vedere la video-registrazione della conferenza stampa di fine anno del premier Matteo Renzi, accessibile a chiunque tramite il sito ufficiale del governo di Roma, www.governo.it . Nel suo dialogo con i giornalisti che lo interpellano Renzi si conferma grande comunicatore e uomo anche pronto a parlare pro veritate e non sempre da politico. D’altra parte questa è una delle ragioni della sua popolarità. Nella conferenza stampa dice poi con grande passione che intende lavorare per un generale miglioramento delle istituzioni e della macchina della pubblica amministrazione, nonché per un graduale riduzione delle imposte. In Italia l’amministrazione statale è quella che si sa, la pressione fiscale effettiva ha ormai superato il 50 per centro del prodotto nazionale lordo (Sizzera, 29,4 per cento) e l’IVA è per lo più al 22 per cento (Svizzera, 8 per cento). I propositi di Renzi sono dunque più che apprezzabili. Ciò detto, resta poi da andare a vedere su che strada egli vuole mettersi per raggiungere gli obiettivi che si propone. E qui, a nostro avviso, il discorso cambia. Secondo un modello tra l’altro diametralmente opposto a quello che caratterizza il sistema istituzionale elvetico, Renzi punta non sulla responsabilità delle persone e dei territori bensì su un centralismo “illuminato”. La cornice generale del suo programma è una riforma costituzionale tutta all’insegna di riconcentrazione a Roma di ogni scelta di rilievo politico. Le Regioni vengono in pratica private della loro potestà legislativa, le province vengono ridotte a consorzi di comuni mentre restano le prefetture. Quindi il prefetto, alto funzionario distaccato da Roma sul territorio, diventa il…Grande Fratello dei comuni. Salvo eccezioni le prefetture si riducono di numero fino a coincidere con le Regioni. Dunque il nuovo mega-prefetto diventa un… Grande Fratello anche per loro. Ancora più preoccupante, se fosse possibile, è il fatto che – come dice testualmente nella sua conferenza stampa — Renzi pensa a una grande riforma organica grazie alla quale “RAI, scuola e cultura” si trasformino negli ingranaggi di una medesima grande macchina educativa statale a servizio del suo progetto di ammodernamento dell’Italia. L’uomo – diciamo ancora una volta — è bene intenzionato, ma se non cambia strada la carica di statalismo che caratterizza il suo progetto lo destina  a produrre effetti opposti a quelli cui mira.. Perciò diventa tra l’altro decisivo il ruolo del successore del presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano, che si prevede si dimetterà tra poche settimane, a metà del prossimo gennaio. Sarà molto importante che si tratti di una persona non solo autorevole ma anche orientata a compensare i limiti della cultura politica di Renzi, e non ad aggravarli.

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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