Taccuino italiano, Giornale del Popolo, Lugano, 26 luglio 2016
Da Nizza a Wűrzburg, a Monaco di Baviera e ieri ad Ansbach una tragica sequenza di attentati opera di islamisti che in Europa massacrano innocenti servendosi di veicoli e di altri strumenti di uso comune, oppure di bombe fatte “in casa” seguendo istruzioni accessibili su Internet o anche di armi facili da reperire sul mercato nero, continua purtroppo a ripeterci una lezione che non vogliamo capire.
A causa della sin qui non rimediata incapacità dell’Islam di confrontarsi attivamente con le sfide del nostro tempo i giovani musulmani di oggi vivono in generale in una condizione di grave disagio. Uno stato di disagio tanto più profondo quanto più si tratta di persone istruite e potenzialmente integrate nell’economia e nella società moderne, che perciò toccano con mano come dal mondo islamico non venga oggi alcun originale contributo di qualche rilievo allo sviluppo dell’uomo nella nostra epoca. E ciò tanto più se hanno esperienza diretta dello stato di avanzamento sociale e tecnico dell’Occidente, di cui colgono le radici cristiane assai meglio della maggior parte degli occidentali loro contemporanei.
In questo quadro è possibile, facendo un uso perverso delle moderne tecniche di persuasione di massa, diffondere in modo mirato odio quanto ne basta per armare la mano di qualcuno tra i più fragili e meno equilibrati. Non è necessario scegliere e motivare qualcuno di preciso. Anzi l’ideale è fare in modo che qualcuno si mobiliti per conto proprio. In questo caso tecnicamente non ci sono né mandanti né organizzazione. In ultima analisi però è comunque di un attacco terroristico che si tratta. Un attacco in cui l’attentatore viene pilotato da una centrale terroristica non meno del terrorista tradizionale. All’Isis o chi per lui rivendicare poi l’attentato non costa nulla. Cercare il nesso organizzativo o meno degli attentatori con l’Isis, o con altre più o meno fantomatiche multinazionali del terrorismo islamista, è una perdita di tempo. Può darsi che in qualche caso tale nesso vi sia, ma non è affatto determinante. Ciò impone alle forze di polizia l’elaborazione di nuove tecniche di contrasto, diverse dalla tradizionale ricerca della banda di terroristi e dei suoi nessi organizzativi a monte o a valle. Si tratterà fra l’altro di fare molto più ampiamente e accuratamente un lavoro di filtraggio del traffico dei messaggi telematici, e quindi di individuare via via delle “communities” da controllare con specifica attenzione.
Se nell’immediato, osserviamo poi, a livello per così dire tattico, al pericolo del terrorismo islamista occorre dare efficaci risposte di polizia, a livello strategico è invece decisiva la risposta sul piano culturale. L’esperienza sta però dimostrando che ben poco può venire al riguardo dall’odierna cultura dominante dell’Occidente: dall’estenuata cultura post-illuministica e da quel moderno “oppio dei popoli” – diremo parafrasando Lenin – che è il suo riflesso a livello di massa.
E’ impressionante vedere quanto ciò che Emmanuel Mounier avrebbe chiamato l’”ordine costituito” eviti di lasciarsi interrogare dalla realtà delle cose. L’Occidente non solo non sarebbe arrivato dove è, ma nemmeno sussisterebbe oggi se nel vissuto quotidiano e nella cultura popolare non restasse ancora molto della mentalità cristiana. Ricordiamo qui, seppure per inciso, che per questo e non per altro l’Occidente ha avuto il maggior sviluppo che ha avuto. Poi, specialmente in età coloniale, della forza venutagli da tale maggior sviluppo ha anche abusato. Tuttavia le depredazioni dell’età coloniale di ciò sono una conseguenza, e non una causa. Un tempo risultava evidente che il resto del mondo era rimasto più indietro perché non aveva o non aveva abbastanza quelle strutture di fondo che all’Europa e all’Occidente in genere venivano da tale eredità: dall’etica del sacrificio per il bene alla valutazione positiva della materia, dalla cultura del lavoro a quella capacità di dar vita a grandi organizzazioni che è possibile solo se la fiducia reciproca è una comune regola di vita. Oggi invece le radici etiche e culturali di tale maggiore sviluppo risultano troppo spesso invisibili, sommerse come sono dalla lava di una cultura di massa all’insegna del relativismo e dell’edonismo più squallidi e banali: è questa l’immagine più visibile e l’idea più immediata che l’Occidente dà di sé. In tale prospettiva, in particolare in ambiente musulmano, il suo maggiore sviluppo non soltanto non desta più ammirazione, ma anzi nella sua incomprensibilità dà scandalo: uno scandalo che può anche degenerare, come si è purtroppo visto, in follia omicida. L’Islam porta con sé un’idea di conquista e di dominio la quale, più che al suo interno, può trovare un limite nella fermezza dell’altro da sé con cui si incontra. Se però tale limite è costituito da una forza senza alcun evidente vigore morale tanto più gli risulta insopportabile. Perciò nella ricostruzione di un confronto non distruttivo dell’Europa con il mondo musulmano — di cui c’è come si vede urgente bisogno — la gente di fede ha da giocare un ruolo-chiave che è specificamente suo, anche se non suo soltanto.
Di fronte a versetti che parlano di odio, crudeltà spietata, guerra, e a una predicazione integralista con azioni conseguenti, non sarebbe il caso di muovere una critica al Corano in quanto libro disceso direttamente dal cielo? Se si presta ad ambiguità, certo qualcosa di imperfetto ce l’ha e contraddice questa sua origine. La mano pesante dell’uomo forse sarebbe ben evidenziata con la critica e l’interpretazione.