Italia: il Paese come è, e come viene raccontato

L’Italia felix e  quella di mafia e corruzione, Corriere del Ticino, Svizzera italiana, 25 ottobre 2018

La quasi simultanea pubblicazione da un lato di Italia felix di Andrea Illy e dall’altro della “Ricerca sulla percezione e la presenza di mafie e corruzione”, commissionata dal Gruppo Abele di don Luigi Ciotti, ha riportato in questi giorni alla ribalta in Italia l’eterno problema del divario tra il nostro Paese  come è e come viene raccontato.

In Italia felix, Edizioni Piemme, Andrea Illy si domanda provocatoriamente che cosa manchi all’Italia per essere un Paese felice. Le manca, si risponde, una maggiore consapevolezza e fiducia in ciò che egli definisce il suo “vantaggio competitivo endogeno legato al concetto del bello, del buono, del ben fatto. Un’attitudine che deriva sia dalla vena creativa, alimentata dall’incommensurabile patrimonio di bellezze del nostro Stivale, sia dalla cultura manifatturiera di mestieri tramandati da generazioni”. “Sono queste”, dice, “le nostre armi di rilancio».

Presidente dell’azienda di famiglia, produttrice del famoso caffe omonimo, come pure della Fondazione Altagamma, che riunisce le imprese dell’alta industria culturale e creativa italiana, Illy parla a ragion veduta. Non chiude gli occhi davanti ai grandi problemi della società e della politica italiana. Non esita a dire che l’Italia è un paese che “da culla del diritto si è trasformato in patria del rovescio”. Osserva però che è anche un paese  pronto “a gesti di grande generosità”; un paese che  “da troppo tempo sa solo deprimersi” mentre farebbe invece meglio a riprendere coscienza delle sue grandi potenzialità e a valorizzarle adeguatamente.

Nato e cresciuto a Trieste (città venuta a far parte dello Stato italiano soltanto nel 1918) in una famiglia protestante di antica origine ungherese, e alla testa di un’azienda presente sui mercati di ogni parte del mondo, Andrea Illy ha perciò il vantaggio di poter guardare l’Italia sia da dentro che da fuori. Non a caso tra l’altro il titolo del suo libro è un calco di Austria felix, storica espressione con cui si usava sintetizzare il genio positivo dell’antica Austria-Ungheria asburgica, cui appunto Trieste appartenne fino al 1918. Come il caso di Andrea Illy conferma, questa circostanza rende per lo più  immune l’élite triestina dal disagio che nel suo insieme l’élite italiana sente nei confronti del Paese così come è: un’Italia colpevole di non essere un “paese normale”,  ovvero di non essere divenuta quella specie di geometrica Francia subalpina  che nel secolo XIX Cavour e i suoi avevano sognato di costruire. Quel disagio che, tanto per fare un esempio, trova quasi ogni giorno eco sulle pagine del quotidiano la Repubblica e quasi ogni settimana negli editoriali del suo fondatore Eugenio Scalfari.

Di tale storica delusione e delle sue conseguenze è invece una limpida testimonianza la  «Ricerca sulla percezione e la presenza di mafie e corruzione» di cui si diceva. Il documento si fonda sull’analisi di circa 10 mila questionari, raccolti in buona parte nel Sud Italia, e in cento interviste a esponenti di organizzazioni di categoria di datori di lavoro.  Il metodo di raccolta dei dati lascia a desiderare, ma soprattutto merita di venire sottolineato l’equivoco insito nell’idea stessa di “percezione” su cui si fondano ricerche del genere. Agli intervistati non si chiede di rispondere sulla base di dirette esperienze proprie o di parenti, amici e conoscenti bensì di dire che idea hanno  di questo o di quello. Così facendo in pratica non si va a sondare il vissuto delle persone. Si va piuttosto a misurare l’impatto che ha sulla gente il messaggio dei mass media e della cultura dominante. Lo si vede bene dal confronto tra alcuni dati della Ricerca: il 74,9 per cento degli intervisti ritiene che in Italia le mafie siano ormai dappertutto, ma poi il 29,1 per cento ritiene che nel suo territorio siano “un fenomeno marginale”; e il 22,6 per cento le ritiene “un fenomeno preoccupante ma non socialmente pericoloso”. Ciò non ha tuttavia impedito  al Corriere della Sera di titolare a cinque colonne “Italiani, un popolo di sfiduciati «Mafia e corruzione? Normali» l’intera pagina che lo scorso 19 ottobre ha dedicato alla Ricerca.

 

 

 

 

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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