Governo. Il Covid 19 come emergenza, e come cortina di fumo

Forse è un segno dei tempi, ma resta tuttavia un bruttissimo segno l’attuale ossessivo concentrarsi di tutta quanta l’informazione sugli sviluppi della pandemia del Covid 19.  Pur se grave e impegnativa, da un punto di vista sanitario la sfida di questa pandemia è oggi sostenibile. Viceversa – è il caso di ricordare ancora una volta — ben meno rimediabili possono essere le sue conseguenze indirette sul piano economico e politico.

È nello scorso luglio che si giunse a un accordo sul lancio di un piano di ripresa (Recovery Plan)  dell’ economia dell’Europa finanziato con l’emissione di titoli di credito garantiti dall’Unione Europea stessa. In questa prospettiva è davvero preoccupante che il governo Conte non sia sin qui riuscito a presentare al Parlamento e all’opinione pubblica nemmeno una bozza del programma in base al quale intende utilizzare aiuti di cui fra l’altro l’Italia è in valore assoluto il maggiore beneficiario. Né si può seriamente addurre come scusa il fatto che soltanto lo scorso 10 dicembre si è trovato un compromesso per disattivare la trappola — predisposta a danno della Polonia e dell’Ungheria — che era stata inserita nel testo del Piano, e cui i due Paesi avevano reagito bloccando l’approvazione del bilancio dell’Unione. Era chiaro infatti che la questione in un modo o nell’altro sarebbe stata risolta.  

Sembra evidente che tutto il tiramolla sul come e il dove delle limitazioni degli spostamenti nel periodo di Natale e Capodanno sia stato usato quale… cortina di fumo dietro cui mascherare la mancata preparazione del programma di cui si diceva. Con l’evidentemente sostegno di quella massima parte dei giornali e dei telegiornali che è stata devotamente al gioco. E adesso che i nodi vengono al pettine il premier Conte compare in   televisione a dirci che è urgente stilare il famoso programma e che così non si può più andare avanti. E ce lo viene a dire guardandoci corrucciato come se il ritardo accumulato dal suo governo fosse colpa nostra.  Detto fatto, i giornali e telegiornali di cui sopra si allineano: sui nostri televisori  cominciano ad arrivare con grande abbondanza  immagini di capi della maggioranza che entrano ed escono da Palazzo Chigi debitamente mascherati mentre dalla piazza antistante telecronisti infreddoliti passano la giornata a raccontarci che sono in corso consultazioni di cui però non si sa nulla. 

Frattanto sulla scena internazionale è come se l’Italia non esistesse, salvo iniziative quantomeno maldestre come quella del premier Conte e del ministro degli Esteri Di Maio che vanno in comitiva a Bengasi a ricevere i pescatori siciliani sequestrati dalle mani dei loro sequestratori  con un gesto che equivale al riconoscimento ufficiale al massimo livello di un “signore della guerra” come il generale Haftar. In un periodo come l’attuale chi fa politica estera dovrebbe in primo luogo lavorare al superamento delle crisi in atto in tutta la misura del possibile, nonché a tessere tutti i rapporti che potranno essere utili alla ripresa degli scambi quando la pandemia verrà meno. Non giunge invece notizia di alcuna attività di rilievo in materia.

Nel proverbiale Palazzo sembra si sia perduta la consapevolezza di qualcosa che dovrebbe essere ovvio: ovvero che in un momento di grave emergenza, mentre chi ha il compito di affrontarla vi si deve impegnare toto corde, chi ha altre responsabilità non deve né fermarsi in attesa degli eventi né intervenire in ambiti su cui non ha competenza. Il suo compito è piuttosto quello di continuare a fare la propria parte come se niente fosse, se non con maggior energia, in vista della ripresa post-emergenza.  

22 dicembre 2020

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Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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