Si può guardare alla crisi scoppiata in Kasakistan da tanti punti di vista, tutti non privi di buone ragioni. Se però la si guarda da quello del Sud Europa, ossia dal nostro punto di vista, ha senso vederla come l’aggiunta di un ulteriore segmento all’arco di crisi che da alcuni anni a questa parte si sta distendendo dal Mediterraneo sudorientale all’area di fluido contatto tra Roma e Bisanzio compresa tra i bacini del Dniepr e del Volga.
È un arco che si sta estendendo spontaneamente o è l’esito di una strategia consapevole? Chiarirlo potrebbe anche essere interessante, ma quale che sia la risposta a questa domanda resta il fatto che tale processo gioca obiettivamente contro l’interesse dell’Europa mediterranea e danubiana ed a favore invece di quello dei Paesi rivieraschi delle due sponde del Nord Atlantico.
Non foss’altro che per i grossi investimenti in Kasakistan dell’Eni e di altre imprese italiane di ogni dimensione, il nostro Paese avrebbe buoni motivi per non guardare alla crisi del regime kazako come a qualcosa di remoto e di privo d’importanza per noi. Dal nostro punto di vista la posta in gioco è poi ben più consistente. Mentre lo spazio economico che l’Italia può avere nell’Europa atlantica è ornai da tempo saldamente e totalmente presidiato, le maggiori prospettive potenziali di ulteriore sviluppo ci si aprono nell’Europa sudorientale, nella regione del Caspio e nel Vicino Oriente. In tale prospettiva il nostro Paese ha tanto interesse alla stabilità e allo sviluppo di queste aree quanto poco ne ha invece l’Europa atlantica. Il fatto che facciamo parte di una stessa Unione Europea non ci deve far dimenticare che tale Unione è il crocevia di linee di gravitazione geopolitica tra loro diverse. E dando spazio, come finora è accaduto, al solo interesse atlantico non si fa il bene di nessuno perché ne derivano dei sordi veti incrociati a causa dei quali ci si ritrova con un’Unione che sul piano internazionale non conta nulla. Stando così le cose il recente trattato del Quirinale, nella misura in cui ci situa nell’Unione nel ruolo di “spalla” della Francia nel suo confronto con la Germania, non ci fa bene.
8 gennaio 2022
Egregio Dott. Ronza, la ringrazio per l’intervento nel quale mostra, una volta di più, la sua passione e la sua competenza in tema di analisi delle relazioni internazionali. Mi lascia solo un po’ basito il suo cappellino finale: “…il recente trattato del Quirinale, nella misura in cui ci situa nell’Unione nel ruolo di “spalla” della Francia nel suo confronto con la Germania, non ci fa bene.”
Ora, pur concordando che, come da titolo, la crisi in Kasakistan ci interessa molto da vicino, mi vien da pensare che anche il succitato Trattato ci sarebbe interessato (molto) più da vicino, non fosse altro per la prossimità geografica. Credo che anche lei concordi come sia quantomeno curioso (per non dire di peggio) che di tale Trattato NESSUNO (né i cittadini né i loro rappresentanti parlamentari) ne abbiano saputo qualcosa PRIMA della firma. E, per la maggior parte, neanche dopo, al di fuori di qualche striminzito riassuntino generale. Sarebbe bello se almeno lei ci desse qualche lume in più nel merito. Grazie.