Lunedi e martedì scorsi,4-5 luglio, si è tenuta a Lugano, nella Svizzera Italiana, una Conferenza per la ripresa dell’Ucraina (Ucraine Recovery Conference 2022) che merita qualche attenzione in più di quella che in genere gli ha dedicato la stampa italiana.
Si trattava della quinta di una serie di conferenze fra Paesi e Organizzazioni internazionali impegnati ad aiutare l’Ucraina a riformare il proprio sistema statale, dominato da voraci oligarchi e a neutralizzare la corruzione dilagante nel Paese. Poi dopo il 23 febbraio, con l’inizio del conflitto bellico lo scopo della conferenza è stato modificato. La conferenza è stata ripensata come occasione per pensare sin d’ora a un piano per la ricostruzione post-bellica dell’Ucraina e per definire chi lo finanzierebbe; insomma per accordarsi in certo modo in via preventiva sulla spartizione della torta degli investimenti. Può sembrare strano che, mentre ancora si combatte, già si programmi come ricostruire qianto si sta ancora distruggendo, ma questa è soltanto una delle molte cose strane di questa guerra.
Presieduta dal ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis, ticinese figlio di immigrati italiani, attuale presidente della Confederazione Elvetica, e inaugurata da Ursula von der Leyen, la Conferenza di Lugano ha avuto scarsa eco anche per il modesto livello dei rappresentanti del grosso dei 40 Paesi ed organizzazioni partecipanti. L’Italia era rappresentata dal sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova. Non di meno è destinata ad aver un grosso peso sul futuro dell’Ucraina e delle sue relazioni con l’Occidente. Vi si è innanzitutto definito in 7 punti il modo della spesa per la ricostruzione del Paese che si vuol mettere al riparo da quella grande corruzione di cui dopo lo scoppio della guerra non si parla più, ma che non per questo si può ritenere sia scomparsa. Di buono c’è questa aperta volontà. Di cattivo c’è il rischio di aprire così la via a una gigantesca macchina burocratica di controlli che potrebbe frenare l’intera operazione.
Ursula von der Leyen ha detto che la ricostruzione post-bellica dell’Ucraina potrà costare 750 miliardi di euro. Resta da vedere dove questi capitali si possono trovare e perché ne dovrebbero fornire la gran parte i Paesi dell’Unione Europea. Nel suo discorso conclusivo il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha rilanciato la proposta, molto aggressiva, di Kiev di finanziare in tutta la misura del possibile l’operazione con gli ingenti capitali che gli oligarchi russi hanno in Occidente e che adesso sono stati “congelati”. Non solo: è evidente che la ricostruzione sarebbe tutta orientata a far rivolgere l’economia ucraina verso l’Occidente ed a voltare le spalle alla Russia. Niente a che vedere con la necessità per l’Europa di ripristinare appena possibile buoni rapporti, come già abbiamo detto (Guerra in Ucraina: la vera posta in gioco), non con la Russia di Putin ma con la Russia in quanto tale.
8 luglio 2022
E’ un conforto leggerti Robi. Ma fino a quando saremo competamente impotenti di fronte a questa sempre più sordida e suicidaria gestione del potere?