Giornata della Memoria: che cosa non funziona

Commentando l’approssimarsi della Giornata della Memoria (27 gennaio), la senatrice a vita Liliana  Segre, superstite del campo di sterminio nazista di Auschwitz, ha lamentato che aumenti di anno in anno il numero delle persone che dicono di averne abbastanza della rievocazione della Shoah; e si è domandata se, al venir meno dei suoi ultimi testimoni, anche la memoria dell’immane tragedia non sbiadirà.

In proposito osservo che chi sostiene la Giornata della Memoria, oltre a rilevare tale situazione, potrebbe domandarsi se non ci sia qualcosa che non va nei modi in cui viene commemorata. In Italia in genere si parla solo dei deportati e dei campi di sterminio in cui vennero inviati censurando totalmente quel che fecero coloro che in Israele vengono chiamati i Giusti tra le Nazioni, ossia chi nascose gli ebrei e o li aiutò a sfuggire alla persecuzione. A Gerusalemme c’è una foresta fatta di alberi ciascuno dei quali è intitolato a uno dei Giusti accertati.  A Milano esiste dal 1999 Gariwo, un’associazione fondata dall’ebreo Gabriele Nissim e dall’armeno Pietro Kuciukian che promuove ovunque nel mondo la creazione di Giardini dei Giusti a ricordo di persone che, sia nella Shoah che nel corso di altri genocidi, vi si opposero e salvarono dei perseguitati.

Per quanto mi riguarda ritengo sia controproducente presentare la Shoah, come un male smisurato, assoluto e irresistibile, come qualcosa cui non era possibile  opporre alcuna resistenza. Così facendo il suo ricordo diventa nient’altro che un peso insopportabile del quale appunto non resta che liberarsi dimenticandolo.

Fra l’altro così facendo si cancella il ricordo di un fatto straordinario: in Italia oltre l’83, quasi l’84 per cento degli ebrei sfuggì alla deportazione grazie all’aiuto di tanta gente comune e della Chiesa, fatto tanto più notevole se si tiene conto che lo Stato italiano era allora alleato della Germania nazista (cfr. in questo stesso sito, Oltre l’83 per cento degli ebrei italiani sfuggì alla Shoah grazie all’aiuto di gente comune e della Chiesa: sarebbe il caso di riscoprirlo,  3 agosto 2016, e Bene la nomina di Liliana Segre a senatore a vita, ma perché non ricordare mai che quasi l’84 per cento degli ebrei italiani sfuggì alla deportazione grazie alla Chiesa?, 20 gennaio 2018). Inoltre non si dice mai che le famigerate leggi razziali del 1938-40 vennero spesso aggirate o disattese.

Se insomma nella Giornata della Memoria si ricordassero anche i Giusti e ciò che fecero si aprirebbe la porta alla speranza rendendo tale Giornata non così irrimediabilmente  plumbea come oggi è.

25 gennaio 2023

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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2 risposte a Giornata della Memoria: che cosa non funziona

  1. Pippo ha detto:

    Perfettamente vero! A insistere sul male assoluto che, come ha dimostrato la Arendt nn esiste e proprio per le ragioni che scrivi tu( vedi gli oltre 20 mila giusti, quasi 500 quelli italiani!), si riesce soltanto a far girare la faccia da un’altra parte: nn fa riflettere. Solo il cinema si sta rivelando all’altezza di una vera memoria della Shoah perché presenta storie positive dentro l’inguardabile. Anche la riflessione storica finisce per essere disattesa: a parte che anche le Legg razziali- come ricordi tu- furono in parte disattese da tanti italiani e/o da uomini di chiesa ( e nn lo si ricorda!) c’è che dal ’38 al settembre ’43 nessun ebreo italiano fu spedito nei KZ tedeschi o polacchi ma solo dopo l’8 settembre! Ma c’è anche il fatto come ha scritto Todorov che un “certo modo” di ricordare un fatto storico equivale alla sua imbalsamazione quando l’approccio come questo alla Shoah!) avviene sul piano solamente politico e quindi alla fine per condannare solo i regimi totalitari di destra. Sembra alla fine che Lager voglia dire abiurare solo il nazifascismo…come se non ci fosse che un solo tipo di regime, quello di destra, ad averli prodotti! L’approccio della Memoria secondo la modalità del gruppo Gariwo o dei giusti dello Yad Vashem che richiamavi tu, estende il ricordo alla capacità di bene ( macché male assoluto!) quindi a qualcosa che anche oggi tutti possono fare. In una scuola elementare di Roma una bambina dopo la presentazione delle terribili immagine fatte vedere da una maestra “microcefala” è tornata a casa e nn voleva più mangiare(principio di anoressia). Un episodio che ha raccontato a me personalmente Lucetta Scaraffia, che di storia e di educazione se ne intende.
    Pippo E.

  2. Aurelio Benetti ha detto:

    Condivido pienamente. Ridurre tutto a compassione per chi ha subito è ancora poco, occorre una valutazione attenta di ciò che di positivo c’è in ogni dramma come le guerre e le deportazioni. Nonostante tutte le bestialità di cui sono capaci gli uomini le persone, le comunità e i popoli sanno trovare sempre le risorse migliori per rispondere con gesti concreti alle situazioni più infami. In fondo è sempre la ragione vera dell’ uomo e la sua dignità che non può accontentarsi dei buoni sentimenti. E’ possibile così tentare di dare un senso anche ai fatti più intricati e drammatici della storia e della politica e agire di conseguenza.

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