I trattati istitutivi dell’Unione Europea riconoscono agli Stati membri la competenza esclusiva in tema di diritto di famiglia. Ciononostante la Commissione ha presentato al Consiglio Europeo una proposta di regolamento in forza del quale qualsiasi filiazione accettata in uno Stato membro dovrebbe essere automaticamente riconosciuta in tutti gli altri Stati, senza alcuna procedura specifica.
Tutti gli altri Stati dovrebbero riconoscere, se uno Stato la riconosce, la “genitorialità” ad esempio a due maschi omosessuali che dispongano di un bambino o bambina nato o nata dall’incontro artificiale dello sperma di non si sa quale dei due con un ovulo femminile comunque reperito e poi collocato a loro spese nell’utero in affitto di una donna diversa da quella che ha fornito tale ovulo. Oppure a due donne omosessuali che si sono procurate un bambino o una bambina con un ovulo di una di loro fecondato con lo sperma di chissà chi, e poi eventualmente collocato a loro spese nell’utero in affitto di un’altra donna ancora.
La Commissione ha presentato la sua proposta nel quadro di un “Pacchetto Uguaglianza” argomentando che rientra nella competenza dell’Ue la lotta per l’uguaglianza e contro le discriminazioni e che dalla situazione attuale deriva una discriminazione a danno di alcuni bambini o bambine europei che in un certo Paese sono riconosciuti come figli di due uomini o di due donne mentre in altri Paesi non possono esserlo.
Alla base di questo criterio – osserviamo — vi è l’idea che la presa d’atto di una diversità obiettiva produca ipso facto una discriminazione; che in particolare nel caso di diritto di famiglia l’uniformità sia sempre e comunque l’ideale; e che, in tutte le volte in cui non è un frutto della realtà delle cose, debba venire creata per legge.
Al di là dell’obiettiva mostruosità dei processi di fecondazione e di gestazione sopra ricordati, che si risolvono in effetti nella produzione artificiale di un orfano o di un’orfana, è evidente che la Commissione Europea con il regolamento che propone scavalca la competenza esclusiva degli Stati membri in tema di diritto di famiglia. Perciò ieri bene ha fatto la Commissione Affari europei del nostro Senato ad esprimere parere negativo su tale proposta già solo per questo.
A questo punto è interessante e significativo andare a vedere come oggi due dei tre maggiori nostri quotidiani danno la notizia, scegliendo di metterla in prima pagina: la Repubblica, «Famiglie gay, no della destra»; La Stampa, «L’Italia discrimina i figli delle coppie gay». Altri giornali poi, seppure all’interno, danno la notizia in modi simili. Nei testi non si accenna minimamente, o solo di sfuggita al fatto che il diritto di famiglia è di competenza degli Stati e che la Commissione tenta di eludere tale riserva, né si ricorda che così verrebbe aggirato il divieto di ricorrere all’utero in affitto, che è un evidente sfruttamento della miseria delle donne che vi si prestano. Niente di tutto questo: si parte dal presupposto che una certa “modernità” imponga tali sviluppi, e che la volontà di maggioranze che non li accettano debba essere in un modo o nell’altro scavalcata.
Non più il popolo ma la “modernità” è sovrana; e poi nemmeno la modernità in quanto tale ma alcune sue correnti, per dare spazio alle quali è giusto prescindere da ogni altro principio, anche dalla legalità e dalla democrazia.
15 marzo 2023
Approvo e sottoscrivo. Vorrei aggiungere che questo pensiero è osteggiato non solo dalla sinistra ma anche da buona parte dei partiti di centro destra perché TUTTI si tirano fuori con le parole ‘modernità inclusione e diversity è bello.
Questo è il modo di fare dell’europa del pse-ppe!! Le sue fantasiose idee di cambiamento dall’interno sono aria fritta! Continui a propagandare il pepe, otterrà lo stesso risultato come un disco rotto.
L’ingerenza della Ue è senz’altro controversa e criticabile. Mi par di capire però che, in concreto, per chi non vuole solo fare guerre culturali (in un senso o nell’altro), la preoccupazione sia quella di fare in modo ch non ci vadano di mezzo i bambini già nati.