Al di là delle polemiche (in parte motivate e in parte anche immotivate) su disservizi e su mancati completamenti del progetto, l’Esposizione Universale di Milano, che resterà aperta al pubblico dal 1° maggio al 31 ottobre 2015, non è un evento superfluo. E’ una potente macchina comunicativa che potrebbe (o ahimè avrebbe potuto) liberare la ribalta culturale planetaria da luoghi comuni che giocano in modo potente contro l’uscita dalla crisi.
Per quanto poi ci riguarda più da vicino è un’ottima occasione didattica sia per genitori che per insegnanti, sia per le famiglie che per le scuole. A una condizione però: che la visita sia un gesto consapevole, dunque critico, attento alla carica umana che un evento del genere ha comunque, e immune invece da un’ingiustificata reverenza per la “filosofia” che ufficialmente vi predomina.
Una “filosofia” peraltro in sintonia con quella cultura positivistica da cui l’idea delle Esposizioni Universali nacque alla fine del secolo XIX.
Al riguardo un confronto era immediatamente iniziato sin dall’autunno del 2006 quando il Comune di Milano e la Regione Lombardia proposero al governo italiano di candidare la metropoli lombarda a sede dell’Esposizione Universale del 2015 indicando quale suo tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”: sede e tema approvati poi dall’Assemblea generale del Bureau International des Expositions, BIE, riunita a Parigi il 31 marzo 2008.
“Nutrire il pianeta, energia per la vita”: nella sua formulazione un po’ ambigua il tema riflette il confronto già allora in atto tra varie possibili ispirazioni. Era infatti apparso subito chiaro che si trattava di scegliere se lasciare che l’Expo si trasformasse in una fiera internazionale della sicurezza alimentare e della certezza dell’alimentazione, o se invece puntare un po’ più in alto, mirando piuttosto alla convivialità come essenziale esperienza umana (da cui ovviamente discendono anche la sicurezza alimentare e la certezza dell’alimentazione, ma solo come seppur primarie conseguenze). Sia sotto la pressione di comprensibili interessi dei grandi sponsor, sia a causa della cultura predominante in chi ne ha governato la realizzazione, nell’ExpoMilano 2015 l’accento sulla condivisione del cibo come convivio ha lasciato sempre più spesso il passo all’accento sulla semplice alimentazione.
La parole con cui si apre la Guida al tema di Expo Milano 2015, documento ufficiale pubblicato nel settembre 2012, non lasciano dubbi al riguardo: “E’ possibile assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile? E’ con questa domanda che si apre la sfida dell’Esposizione Universale di Milano 2015”. Nelle oltre dieci pagine iniziali, che nel documento sono dedicate alla descrizione del tema, l’unica traccia, peraltro indiretta, del tema del convivialità consiste delle due righe seguenti: “Ogni religione, cultura o Paese prevede riti e liturgie di consumo che trovano in questa sede lo spazio per essere narrate, condivise e vissute”. Tutto qui. Due righe da cui tra l’altro si scopre che esperienze fondamentali della civiltà umana come il simposio, il convivio, l’agape secondo gli autori del documento non sono altro che “liturgie di consumo”.
Partire dalla visita al padiglione della Santa Sede
Senza dubbio ci sono più stelle in cielo che nella filosofia degli organizzatori dell’Esposizione.
Perciò si può essere certi che molto di quanto verrà presentato all’Esposizione andrà anche oltre tali limiti. Fatto sta che, dopo aver negato cittadinanza a culture che non censurano il senso religioso (poiché in sostanza è di questo che si tratta), la società che gestisce l’evento ha poi…scoperto le parrocchie come promettenti centri di vendita di biglietti d’ingresso all’Esposizione. Poco male in fin dei conti purché non ne derivi in coloro che si avvarranno di tale canale d’acquisto l’ingiustificato convincimento che si tratti di un evento di ispirazione vicina o comunque non contraddittoria con quella cristiana. Si tratta invece, dicevamo, di un’occasione interessante ma solo a patto che non ci si lasci… trascinare dalla corrente.
In tale prospettiva è a mio avviso molto utile cominciare la visita dal padiglione della Santa Sede, allestito a cura del cardinale Gian Franco Ravasi: non c’è infatti un altro punto dell’Esposizione ove si dia altrettanto spazio al contenuto più alto della sua ragion d’essere, quella appunto che è stata invece in larga misura censurata. “Non di solo Pane. Alla tavola di Dio con gli uomini” è infatti il tema del padiglione, ispirato al passo evangelico “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. ”E’ da questa frase del Vangelo”, viene infatti spiegato nel testo che ne illustra il significato, “che si sviluppa il messaggio che la Santa Sede vuole trasmettere attraverso la sua partecipazione a Expo Milano 2015. Il cibo come valore primario nella vita degli uomini, da sempre oggetto di riti, simboli, racconti, calendari e regole ma anche strumento per conoscere la propria identità e costruire relazioni con il mondo, il creato, il tempo e la storia. La Santa Sede vuole concentrare l’attenzione dei visitatori sulla forte rilevanza simbolica dell’operazione del nutrire e sulle potenzialità di sviluppo antropologico che essa racchiude. Potenzialità che sono profondamente sociali e collettive e di cui spesso purtroppo dobbiamo prendere atto per via negativa, come denuncia di inadempienze e di ingiustizie. Il cibo si raffigura quindi non solo come nutrimento per il corpo, ma come gesto del nutrire che diventa pasto e convivium, momento di incontro e di comunione, di educazione e di crescita”.
Il padiglione della Santa Sede è un edificio molto lineare di dimensioni relativamente modeste (circa 300 metri quadri di superficie calpestabile interna su un’area di complessivi 747 metri quadri) sulle cui pareti esterne ricorre in latino e nelle più diffuse lingue moderne il passo del Padre Nostro “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Vi verranno tra l’altro esposte due opere di grandi maestri:
l'”Ultima cena” del Tintoretto proveniente dalla chiesa veneziana di San Trovaso e un arazzo fiammingo su disegno di Rubens proveniente dal Museo diocesano di Ancona. In netta contrapposizione con la “cultura dello scarto” ma anche senza nulla concedere a letture neo-marxiste del problema della giustizia e della pace, con la sua presenza all’ExpoMilano2015 “ la Santa Sede vuole offrire ai visitatori uno spazio di riflessione attorno alle problematiche che ancora oggi sono connesse all’alimentazione e all’accesso al cibo, mettendo in luce come l’operazione antropologica del nutrire sia al cuore dell’esperienza cristiana e della riflessione culturale e spirituale che ha generato dentro la storia”. C’è da augurarsi che anche da altre presenze vengano, seppur da punti di vista diversi, risposte di analogo livello.
Un pianeta piano e soltanto vegetale, insomma un pianeta che non c’è Non è il caso qui di soffermarsi a dare su Expo Milano 2015 informazioni di base e suggerimenti pratici facilmente reperibili in Internet. E’ il caso invece di sottolineare la principale lacuna che il suo impianto generale presenta. Una lacuna che evidentemente si deve alla mentalità metropolitana e vagamente “verde” di chi lo delineò. E’ un pianeta soltanto piano e soltanto vegetale quello cui si è pensato: insomma un pianeta che non c’è. Tra i grandi vari padiglioni tematici che caratterizzeranno l’Esposizione infatti, mentre uno intero è stato dedicato in via esclusiva al caffè, niente di simile è stato riservato all’allevamento e nemmeno alla fauna; il clima desertico e le isole hanno pure dei loro specifici padiglioni, ma non si è pensato di dedicarne uno alla montagna. E’ una dimenticanza davvero sorprendente se si pensa non solo a quanto spazio abbia la montagna in tutte le terre emerse ma anche al fatto che, con il suo 72 per cento tra montagna e collina, la stessa Italia è un Paese dove la pianura non è la regola ma l’eccezione.
In conclusione importa ancora una volta sottolineare che la visita all’Esposizione Universale di Milano va progettata in modo originale senza né fidarsi né affidarsi a “pacchetti” turistici pre-stabiliti. Salvo infatti eccezioni da valutarsi caso per caso essi sono infatti in linea con la “lettura” ufficiale dell’Expo che è quella di cui si diceva. Quale contributo, spero utile, alla delineazione di programmi non subalterni di visita all’Expo riprendo qui i punti di un documento che avevo già presentato l’8 maggio 2013 su ilSussidiario.net. Si tratta di un pro memoria in sette punti tratto da materiali elaborati da esperti, peraltro sia cristiani che “laici”, i quali a suo tempo avevano lavorato sul tema di Expo Milano 2015:
- Per l’uomo, unico pure in questo fra tutti gli esseri viventi, il nutrimento è anche convivio.
Unico anche in questo fra tutti gli esseri viventi, l’uomo vive la necessità di nutrirsi non soltanto come reazione a un istinto ma anche come esperienza di convivialità. Nell’uomo la natura diventa cultura perché, a differenza di ogni altro essere vivente, egli interpreta i propri bisogni immediati e li riferisce al proprio desiderio di andare oltre la loro semplice soddisfazione per raggiungere uno stato di pienezza, di convivenza, di armonia ideali. Nella tradizione occidentale il Simposio platonico e l’Agape cristiana ne sono i due prototipi, beninteso molto diversi tra loro ma concordi nell’attribuire alla convivialità significati che vanno oltre il semplice gesto di nutrirsi. In particolare nelle culture di tradizione cristiana la convivialità giunge fino alla commensalità e di qui alla comunione: un’esperienza che trova la sua suprema espressione artistica nel “Cenacolo” di Leonardo da Vinci dipinto e da sempre custodito a Milano. E in ogni caso gli uomini di ogni luogo e di ogni tempo hanno attribuito e attribuiscono valore simbolico e talvolta valore sacro al mangiare insieme. Perciò sarà tra l’altro di grande interesse vedere a Expo 2015 come la convivialità viene pensata e vissuta nelle varie tradizioni e culture del mondo. - Esposizioni Universali: dalla celebrazione di una presunta potenza illimitata dell’uomo alla riscoperta del limite, da assumere però come volano di sviluppo In ultima analisi il tema di tutte le Esposizioni Universali precedenti, e in particolare di quelle dei secoli XIX e XX ma non solo, è stato la celebrazione di una presunta capacità illimitata dell’uomo di trasformare il mondo. In questo secolo XXI noi e i nostri discendenti siamo e saremo invece sempre più chiamati a riscoprire il limite come elemento-chiave della condizione umana, assumendolo però come volano di sviluppo.
Beninteso, senza un’idea di futuro e di progresso un’Esposizione Universale non ha senso. D’altra parte richiamare l’attenzione sul ruolo cruciale del limite non significa affatto sostenere che futuro e progresso siano due realtà che si stanno allontanando l’una dall’altra. E’ esattamente il contrario.
Riconoscere il valore del limite equivale ad aprirsi alla prospettiva della diversità degli approdi possibili nonché dell’apertura di nuovi orizzonti dentro una crisi che va intesa non come perdita ma soprattutto come transizione. In questo quadro il tema di Expo Milano 2015 è più che mai opportuno: la questione del cibo e quindi della coltivazione della terra è in stretto e necessario rapporto con la cura per l’ambiente, la salvaguardia della salute, la tutela e anzi l’accrescimento della bellezza della natura. - Il pianeta Terra, dimora dell’uomo, è fertile. Se rispettosamente coltivato, dà alla vita tutta l’energia di cui ha bisogno Il pianeta Terra, dimora dell’uomo, è fertile. Se rispettosamente coltivato, dà alla vita tutta l’energia di cui ha bisogno. Nei 30-40 mila anni della sua presenza sulla Terra l’uomo ha sempre trovato in essa di che nutrirsi, sussistere e svilupparsi via scoprendo risorse (come ad esempio gli idrocarburi) che dalla più remota antichità erano per così dire in attesa di venire da lui reperite e utilizzate. Il Pianeta fornisce insomma energia per la vita in un ciclo sin qui dimostratosi perenne. Più volte nella storia si è temuto che tale ciclo si interrompesse, ma ciò non è mai accaduto. Talvolta e in aree relativamente limitate si è registrato uno squilibrio temporaneo tra popolazione e risorse che però successivamente è sempre venuto meno. Con l’aumento del potere dell’uomo sull’ambiente e sulla natura tuttavia aumenta anche la sua capacità di evitare o mitigare tali temporanei squilibri, e quindi la sua responsabilità in materia.
- 4.L’enorme potere dell’uomo moderno sulla natura: un grande pericolo o piuttosto una grande e affascinante responsabilità?
Oggi il potere dell’uomo nei confronti della natura è più ampio di quanto mai prima sia stato. Ciò è un grave pericolo o piuttosto una grande e affascinante responsabilità? Ecco un quesito cruciale cui ci si deve attendere che i Paesi partecipanti all’Expo 2015 diano delle loro risposte portando così alla ribalta dell’Esposizione Universale scienze e sapienze umane attinte a tutte le tradizioni e a tutte le culture di ogni parte del mondo. - La trasformazione del mondo in una sola enorme città è un processo irrefrenabile o si può puntare a un intreccio di meta-città e meta-campagne le une e le altre radicalmente diverse dalle città e dalle campagne d’un tempo?
Oggi larga parte della superficie emersa del pianeta è urbanizzata. La Terra sta davvero diventando quella “gran città del genere umano” di cui scriveva il grande filosofo Giambattista Vico. Città, meta-città e megalopoli sono i contesti generali dell’interazione e della convivenza. Si deve accettare che il mondo diventi una sola enorme città oppure si può e si deve puntare a un intreccio di meta-città e meta-campagne le une e le altre radicalmente diverse dalle città e dalle campagne di un tempo? Dai vari paesi e continenti ci si deve attendere che possano venire a confrontarsi all’Expo 2015 esperienze e riflessioni sul cambiamento in atto del tradizionale rapporto città/campagna: un processo destinato ad avere conseguenze cruciali con riguardo alla questione messa a tema dall’Expo 2015. - Quali risposte dare al problema del rapporto tra l’uomo, unica presenza consapevole sulla faccia della Terra, e il resto della natura? Come evitare che la cooperazione sia equa e non si risolva in un neo-colonialismo?
In quale misura l’uomo, unica presenza consapevole sulla faccia della Terra, è signore e in quale misura è custode della natura? Come questi suoi due ruoli s’intrecciano e si contemperano? Nello spazio e nel tempo l’uomo ha dato risposte diverse a questo fondamentale quesito, e ciò non solo in sede di riflessione teorica ma prima ancora con i suoi modi di coltivare, di produrre, di relazionarsi con l’ambiente. L’illustrazione della specifica esperienza in materia del proprio rispettivo Paese, della propria rispettiva cultura può essere un tema interessante, importante e in cui ciascuno ha comunque qualcosa di suo da proporre. Posta dentro questo orizzonte la questione della cooperazione internazionale è messa al riparo da ogni rischio di neo-colonialismo sia economico che culturale. Che cosa per motivi di giustizia è dovuto alle società, ai Paesi che si trovano in condizioni di serio svantaggio? Che cosa altrettanto per motivi di giustizia si deve evitare di proporre e magari anche di imporre a queste società e questi Paesi? - La sicurezza alimentare alla prova della necessità di non sacrificare l’agricoltura autenticamente contadina, le produzioni agro-alimentari a valore identitario, i prodotti a filiera corta sull’altare della grande industria agro-alimentare.
Senza negare il loro legittimo ruolo all’agricoltura industriale e alla grande industria agroalimentare, emerge tra l’altro e si afferma a questo punto la necessità di riconoscere il ruolo dei contadini e dei nuovi spazi che si aprono e devono aprirsi: alle produzioni agro-alimentari a valore identitario, ai prodotti a filiera corta; ai sistemi di certificazione auto-organizzata, ai meccanismi di garanzia basati sul rapporto diretto tra produttore e consumatore; alla vendita diretta sia a corto raggio tramite mercati locali e sia a lungo raggio tramite i moderni sistemi di telecomunicazione e di spedizione. Un insieme produttivo che in molte parti del mondo è l’unico possibile motore di reale sviluppo. Expo 2015 può diventare una straordinaria piattaforma di confronto tra esperienze in materia da ogni parte del mondo. Occorre vigilare perché il problema della sicurezza alimentare non venga affrontato con metodi e con procedure che di fatto penalizzino l’agricoltura contadina.
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I luoghi comuni, osserviamo concludendo, non sono mai educativi. Meno che mai lo sono quando capita di vivere, come accade a noi, in un’epoca in cui la cultura predominante non ci corrisponde, quando cioè più che mai occorre “vagliare tutto e tratteenere ciò che vale”. E’ un criterio da non dimenticare nel caso dell’Esposizione Universale di Milano, ma non solo.
Robi Ronza
Robi Ronza, giornalista e scrittore, in quanto delegato alle relazioni internazionali della Regione Lombardia dal 2005 al 2010 ha avuto parte sia nel lavoro di definizione del tema che Milano presentò insieme alla propria candidatura a sede dell’Esposizione Universale del 2015, e sia alla raccolta dei consensi in sede internazionale grazie ai quali nel 2008 la città venne infine prescelta.