“Omaggio alla civiltà dell’America Latina e dei Caraibi” (Brescia, Monastero – museo di Santa Giulia, 4 dicembre 2009-26 giugno 2010) era un’esposizione consistente di due mostre: Inca. Origini e misteri della civiltà dell’oro, dedicata alle civiltà inca e pre-inca, e Plus ultra, la maggiore esposizione di arte post-colombiana sin qui mai allestita in Italia(cfr. in questo stesso sito alla sezione “Manuali scolastici, opere e mostre di divulgazione storica”). Come due tempi di uno stesso grande film l’una e l’altra sono state nel loro insieme una grande occasione per capire meglio non solo l’identità latino-americana ma anche paradossalmente molto della nostra identità europea. Un’occasione così stimolante da aver avuto un grande successo di pubblico: oltre 280 mila persone l’hanno visitata. Quella che segue è la
Presentazione di Plus ultra
dal catalogo della mostra, Silvana Editoriale, novembre 2009
Viaggiare al di là delle colonne d’Ercole, al di là del mondo conosciuto, in quella realtà che i cartografi antichi avevano a lungo immaginato come abisso o luogo infinito, pullulante di mostri. Viaggiare Plus ultra, oltre il punto in cui il tavolo piatto del mondo spalancava le profondità di un precipizio infero. All’epoca di Colombo già diversi studiosi avevano cominciato a mettere in discussione questa paurosa immagine, ed egli stesso nella lunga e attenta preparazione del suo viaggio aveva raccolto elementi e di scienza e di esperienza quanti ne bastavano per convincerlo che la sua esplorazione sarebbe stata audace ma non temeraria.
Tutto questo però non bastava: occorreva la conferma dei fatti. Puntando a Oriente attraverso il periglioso e sconosciuto Ponente, le caravelle di Colombo segnarono così una delle scoperte in assoluto più straordinarie della storia umana. E presto nuovi esploratori e conquistatori, muovendo da Cadice, da Siviglia, dai porti atlantici del regno di Castiglia e Leon, e poi da Lisbona sotto le insegne del regno di Portogallo, raggiunsero e occuparono luoghi d’incanto in cui frutti esotici dai vividi colori si riflettevano negli ori delle civiltà precolombiane. Dall’Europa del Nord accorsero ben presto i pirati, mentre Londra incaricava i suoi corsari di aprire manu militari all’Inghilterra un varco nel nuovo grande spazio che la Castiglia e il Portogallo avevano spalancato.
Fu scontro. Uno scontro violentissimo, sempre drammatico, e spesso tragico. Mentre le popolazioni americane venivano assoggettate con la violenza, ecco però approdare nelle Indie, sin dai primi decenni del Cinquecento, i “nuovi apostoli”. Lungi dal considerarli degli omuncoli “sin Dios, sin Rey, sin Ley”, evangelizzatori come Antonio de Montesinos, Bartolomé de las Casas, Bernardino de Sahagún e José de Acosta additarono i valori morali e civili degli indigeni, difendendone la dignità e i diritti e, alla fin fine, aprendo il cammino dell’incontro fra le storie e le culture. In questo modo favorirono il meticciato, ovvero lo scambio razziale e culturale fra le popolazioni americane, africane ed europee. Nel volgere di pochi decenni, dai fiumi di sangue fatti scorrere dai sacrifici umani dei riti autoctoni e poi dalle guerre dei conquistadores, nacque così una nuova civiltà: il più vasto e profondo caso di positivo meticciato di tutta l’età moderna.
Pur in mezzo a grandi contraddizioni il motore fondamentale di questo processo fu la cultura cristiana, tipicamente orientata all’affermazione dell’uguale dignità di ogni uomo e donna nonché della fratellanza universale: un processo del quale il culto della Vergine “india” di Guadalupe è l’elemento-chiave non solo per il Messico ma per tutta l’America. Oltre che dallo scambio etnico (“mestizaje”) la nuova civiltà che sorge è caratterizzata infatti da una profonda religiosità, il cui emblema è senz’altro il culto mariano; e dal fiorire della pittura, della scultura e dell’architettura barocca tanto nella sfera religiosa quanto in quella civile.
Con tutta la pacifica e commovente forza della bellezza, Plus Ultra rende testimonianza del buon frutto di questo parto doloroso. In quanto mostra d’arte tuttavia non vuole e nemmeno può esaurire un dibattito che appartiene alla storia e agli storici. Un dibattito che in altra sede non potrebbe che prendere le mosse dalla fondamentale biografia di Hernán Cortés, opera insigne di Salvador de Madariaga, e dall’analisi non preconcetta del bagaglio di paure, di pregiudizi, di fragilità, di valori e di speranze con cui gli spagnoli giunsero in America, e rispettivamente dall’analogo bagaglio con cui andarono loro incontro i popoli e i sovrani degli imperi con cui si scontrarono. Le incomprensioni e gli equivoci furono innumerevoli. Basti citare ad esempio i sacrifici umani e la strage sistematica dei vinti, suprema barbarie per i conquistadores, e invece necessità vitale nell’immaginazione degli Aztechi; o il caso dell’oro, metallo sacro e riverbero della potenza degli Dei per gli Inca, e invece semplice moneta e prezioso bene-rifugio per i conquistadores. Fu l’incontro improvviso e inatteso fra popoli che, oltre a tutto, in quanto a grado di sviluppo distavano tra loro l’equivalente di parecchi secoli. Lo scontro era inevitabile, ma infine la catastrofe definitiva delle culture più deboli venne evitata.
Robi Ronza
Delegato del presidente della Regione Lombardia alle Relazioni internazionali
Membro del Comitato promotore dell’iniziativa “Omaggio alla civiltà dell’America Latina e dei Caraibi” in rappresentanza di Regione Lombardia