Dopo le elezioni europee: la Commissione, e il problema di fondo di cui nessuno parla

A proposito di elezioni europee ciò di cui meno si discute è il dato più impressionante, ossia l’entità dell’astensione. Nell’insieme dell’Unione ha votato soltanto il 50,01 per cento degli aventi diritto, da un massimo dell’89,82 in Belgio, dove il voto è obbligatorio e l’astensione è sanzionata, ad un minino del 21,34 in Croazia (in Italia il 49,69 per cento; in Calabria, Sardegna e Sicilia attorno al 40 per cento).

Dal momento che l’astensione colpisce tutte le aree dell’elettorato da destra a sinistra, e quindi è un problema che i partiti non possono «gestire» ovvero usare politicamente, se ne parla soltanto di sfuggita.  Se si confronta con questo esito l’enorme eco che i media hanno dato all’evento, si colgono tra l’altro i limiti dell’attuale capacità di impatto sulla società dei messaggi massmediatici. In sostanza oltre la metà della gente nonostante tutto se ne infischia, il che dovrebbe indurre i grandi padroni della comunicazione a qualche salutare ripensamento. 

Sarebbe il caso di approfondire il problema, di andare a vedere se alla sua base non vi siano quella non coltivata consapevolezza di che cosa voglia dire essere europei, e quella scarsa democraticità delle istituzioni europee che sono state messe a tema, ad esempio, del dibattito per iscritto pubblicato nel trimestre appena trascorso da Lisander, https://lisandermag.substack.com/.

Per parte mia spero che il nuovo Parlamento se ne faccia carico assai più di quello che lo ha preceduto. E tra l’altro abbia il coraggio di contrastare alla radice la tendenza della Commissione a strafare, invece di accettare sempre i suoi sconfinamenti salvo cercare di “aggiustarli”.

Ciò detto veniamo al quadro del nuovo parlamento, che evidentemente non può che riflettere l’attuale situazione economico-culturale dell’Europa, composta di aree che in qualche modo passano attraverso i vari partiti e raggruppamenti storici. È ancora in maggioranza il “partito radicale di massa” composto dei pur diminuiti socialisti e democratici, S&D, di almeno metà dei popolari del PPE, e di altre forze minori. É questo lo schieramento che continua a dominare nell’Unione pur con programmi assai cambiati da quelli che aveva in origine. Contro questo blocco sta, pur molto cresciuto ma tuttora in minoranza, un “partito conservatore” composto dell’altra metà del PPE, e dal grosso di partiti come principalmente Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e altri partiti europei che la nostra grande stampa spaccia sbrigativamente per “sovranisti”, per ”xenofobi” e così via liberandosi così dal  dovere di spiegarne con precisione i programmi e le realizzazioni. E poi c’è l’incognita di 100 deputati che non aderiscono a nessun gruppo.

 Osservo per inciso che del “partito conservatore” la grande stampa maschera i risultati. Per esempio cita come chiara vittoria in Polonia del partito di Tusk l’aver ottenuto un seggio in più rispetto alla coalizione di destra (21 contro 20), e descrive come una sconfitta la maggioranza del 44,9% ottenuta da Orbán in Ungheria, in quanto inferiore a quella su cui si fonda il suo governo.

In questo quadro è probabilmente realistica una soluzione “democristiana” (d’altra parte il PPE è erede delle DC): Ursula von del Leyen riconfermata con una Commissione comprendente o aperta ad apporti di rilievo da parte dei Conservatori e Riformisti, C&R, di Giorgia Meloni, e più chiusa verso la sinistra. Una Commissione meno prona all’estremismo verde, alla pretesa di mettere l’agenda LGBT al posto della legge di natura, alla penalizzazione dell’industria manifatturiera, alla gestione astratta dei flussi migratori irregolari. Orientata alla valorizzazione della famiglia, della maternità e paternità, e alla protezione della vita e dell’infanzia. E in politica estera non più volta ad esasperare il conflitto ucraino, ma piuttosto ad un’energica iniziativa diplomatica per una sua conclusione.

Resta naturalmente aperta, dal momento che nessun partito se ne occupa, il problema fondamentale di cui accennavo all’inizio, ossia l’astensione e le sue ragioni di fondo, questione sulla quale si deve evidentemente lavorare ancora molto sul piano culturale e mediatico. Giornali e Tv farebbero bene ad occuparsene a fondo, anche se i partiti, o come si dice in Italia «la politica», non li sollecita al riguardo.

12 giugno 2024

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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3 risposte a Dopo le elezioni europee: la Commissione, e il problema di fondo di cui nessuno parla

  1. Bocian ha detto:

    Dott. Ronza, senza offesa ma:

    Una Commissione meno prona all’estremismo verde, alla pretesa di mettere l’agenda LGBT al posto della legge di natura, alla penalizzazione dell’industria manifatturiera, alla gestione astratta dei flussi migratori irregolari. Orientata alla valorizzazione della famiglia, della maternità e paternità, e alla protezione della vita e dell’infanzia. E in politica estera non più volta ad esasperare il conflitto ucraino, ma piuttosto ad un’energica iniziativa diplomatica per una sua conclusione

    sembra più l’elenco dei desideri che un’opportunità realisticamente all’orizzonte.

    Staremo a vedere, ma ho moltissimi dubbi.

  2. Carlo Meazza ha detto:

    Robi, ma davvero pensi che con la minaccia di guerra nucleare alle porte ” l’agenda lgtb” possa essere una centrale preoccupazione della Commissione Europea ? O è solo tua e di qualcun’altro come io penso? L’hai citata dopo “l’estremismo verde”, ma lo sai che certe frange della “destra verde moderata” aprirebbero la caccia anche nei parchi pubblici e cementificherebbero il poco che resta e perfino i vasi di fiori?

    • Bocian ha detto:

      In compenso certe “frange” lgbt la caccia (e non per modo di dire) l’hanno già aperta da tempo. Alle sedi e persone di ProVita (provi a digitare su google, ci troverà un elenco assai istruttivo).

      La solidarietà da parte delle forze politiche da cui le “frange” traggono linfa ispirativa? Mai arrivata. Del resto è noto che, per loro, i “fascisti” sono sempre gli altri. Esattamente tutti gli altri che non la pensano come loro.

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