Corona virus. Dal turbine di sconsiderato allarmismo danni gravi e forse gravissimi a un’economia già in crisi

Quando tutto questo gran polverone sul caso del corona virus in Italia sarà svanito, varrà la pena di studiare attentamente la genesi e lo sviluppo dell’ondata di sconsiderato allarmismo innescata dalla notizia che qualche decina degli oltre 60 milioni di abitanti del nostro Paese ne risultavano infetti.  Senza dare ulteriore spinta né alla mobilitazione contro il diffondersi del morbo né alla cura dei malati, cui il nostro sistema sanitario era già pronto a reggere, tale bufera mediatica ha causato danni gravi e forse gravissimi  a un’economia fra l’altro da tempo in crisi come quella italiana. Si pensi ad esempio al  crollo fino al 40 per cento delle prenotazioni degli alberghi nel periodo pasquale e al rinvio del Salone del Mobile di Milano, la maggiore fiera mondiale dell’arredamento e la grande vetrina di un settore principale della nostra industria.

Beninteso, si tratterà non di avviare la  ricerca inutile e controproducente degli eventuali colpevoli, bensì di analizzare il fenomeno per capire come un processo del genere può avviarsi e crescere fino  a dimostrarsi irrefrenabile; e che cosa si potrà fare per disinnescarlo nel non auspicato caso che in altra analoga occasione possa ripetersi. Quale mio piccolo contributo preliminare a questa analisi vorrei mettere in luce un elemento: il ruolo spurio delle tv commerciali, che ormai danno il là anche alla Rai.

Quando accade qualcosa di platealmente drammatico, che richiama davanti ai teleschermi grandi masse di persone ben al di là del solito, i conduttori e i direttori dei programmi e dei telegiornali vengono sollecitati a continuare a rimandare in onda immagini e a reiterare commenti. In qualche modo cioè a dilatare e a moltiplicare l’evento al di là della sua dimensione e della sua durata reale. Tutto questo anche perché  aumenta di molto il valore commerciale della pubblicità trasmessa nella circostanza, che perciò le direzioni commerciali talvolta mettono istantaneamente all’asta oppure offrono come “bonus” ai loro migliori clienti. È classico il caso delle immagini di un’ondata alluvionale che magari è durata poche ore e che invece in tv sembra stia durando ininterrottamente da giorni.

Quando si è diffusa la notizia dell’arrivo in Italia del corona virus, è stato subito chiarissimo che era cominciata fra le tv una gara del genere. Per almeno 72 ore dalla prima notizia, in qualunque momento del giorno o della notte si accendesse il televisore, su qualunque rete l’argomento era uno solo: il  corona virus. Che si trattasse di telegiornali o di qualunque altra trasmissione non si parlava d’altro. È accaduto che persino nelle telecronache sportive il telecronista si interrompesse per dare informazioni sul famigerato virus. Le tv si sono preventivamente messe al riparo dall’accusa di allarmismo moltiplicando i messaggi rassicuranti e tranquillizzanti. Sembra però impossibile che dei qualificati professionisti come gli alti dirigenti televisivi non sappiano che in tv la quantità conta più della qualità e che lo scenario e  il tono della voce contano più delle parole. Se quindi da mattina a sera cronisti, conduttori e annunciatori con volto grave e con tono drammatico continuano senza tregua a tranquillizzare e  a rassicurare il pubblico, la gente ne deduce un messaggio opposto, ossia che la situazione sia molto grave e incontrollabile. Con grande conforto delle direzioni della pubblicità, resta quindi incollata al teleschermo per continuare a sapere quando, quanto e dove le cose stiano peggiorando.

Essendo  in gioco la questione della libertà di stampa e di informazione il problema è delicato, ma in qualche modo si deve trovare il modo di risolverlo. Magari si potrebbe  anche solo stabilire che qualunque cosa accada non si può dedicare a un solo evento, per rilevante e drammatico che sia, più di una certa percentuale massima del tempo di trasmissione (escluso ovviamente il caso della fine del mondo…). Sarebbe già questo un modo per ricordare alla gente che pure nella più preoccupante e drammatica delle situazioni la vita continua e non c’è motivo che venga meno la speranza.

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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