Il 25 aprile, la Palestina, Giorgia Meloni e le ossessioni della sinistra

Oggi ancora una volta la festa nazionale del 25 aprile è stata inquinata dal sequestro di cui gli eredi del Pci fanno da anni oggetto tale ricorrenza voluta per commemorare qualcosa di ben più ampio del contributo comunista alla Resistenza armata.

Con questa data convenzionale, che rimanda al 25 aprile 1945, giorno della resa del comando tedesco  acquartierato a Milano (altrove, in particolare in Val d’Adige e in Friuli si continuò a combattere ancora per una decina di giorni), si celebrano in effetti varie cose: la fine della Seconda guerra mondiale per quanto concerne l’Italia, la fine del fascismo e il contributo che a ciò diede la Resistenza italiana nel suo insieme: ossia la Resistenza armata,  cui i comunisti diedero un contributo molto consistente ma maggioritario soltanto in Emilia-Romagna; la Resistenza popolare non armata sostenuta dalla Chiesa grazie a cui, tanto per dirne una, oltre l’84 per cento degli ebrei italiani sfuggi alla cattura e alla deportazione verso i campi di sterminio nazisti; i militari italiani che scelsero di inquadrarsi nel Corpo italiano di Liberazione, 16 mila uomini più 6 mila della Divisione Nembo, dal marzo 1944 in linea contro i tedeschi con l’Ottava Armata britannica. 

Di questa Armata faceva parte anche la Brigata Ebraica, forte di circa 5 mila uomini, fondata nel settembre 1944 e reclutata tra gli ebrei già allora residenti in Palestina. La Brigata venne inviata in Italia, combatté a fianco degli italiani del Corpo di Liberazione, e poi da Milano ove era giunta venne trasferita a Tarvisio, quindi in Olanda e venne infine sciolta nel 1946. Perciò alcuni suoi veterani e discendenti di suoi veterani, residenti in Italia, tradizionalmente partecipano alla manifestazione del 25 aprile a Milano.

Che cosa c’entra tutto questo con la frizione tra palestinesi e sionisti (poi israeliani) che, iniziata circa nel 1924, oggi a Gaza vive un altro cruento episodio di un conflitto che dura da cento anni? Sarebbe bello che gli sbandieratori di vessilli palestinesi alle odierne celebrazioni del 25 aprile ce lo spiegassero.

E che cosa c’entra tutto questo con le ossessioni della sinistra italiana, cui Antonio Scurati  dà voce nel suo ormai celebre «monologo», secondo cui Giorgia Meloni, essendo di destra, dovrebbe ripeterci ogni giorno, e nei modi che la sinistra esige, ciò che già tante volte ci ha detto — e d’altra parte si vede ad occhio nudo — ovvero che lei non è neo-fascista. Così come Bersani, tanto per fare un esempio, oggi non è comunista.

Aggiungo per precisione che, dall’esame dei suoi scritti, Giorgia Meloni, peraltro nata trent’anni dopo la fine del fascismo, mi sembra piuttosto provenire non dalle file del neo-fascismo ma da quelle del nazionalismo, un filone di pensiero politico che era stato travolto e assorbito dal fascismo ma continuò a serpeggiare dentro il PNF per poi riemergere all’epoca della Repubblica Sociale Italiana.

25 aprile 2024

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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2 risposte a Il 25 aprile, la Palestina, Giorgia Meloni e le ossessioni della sinistra

  1. Carlo Meazza ha detto:

    …no comment…non c’è niente da fare…l’antipatia di alcuni, ora verso anche …gli sbandieratori in favore dei Palestinesi…è troppo arrugginita e spessa per sperare in qualcosa di più costruttivo e condivisibile. Poi ancora, per l’ennesima volta, la storia (vera) degli Ebrei salvati dalla Chiesa cattolica…A furia di riperterla ad ogni minima occasione non pensi Robi di ridurla ad un vuoto ritornello? Poi mettere Bersani, come ex comunista, sullo stesso piano della Meloni come ex fascista, mi sembra davvero troppo, fuori da ogni ragionevole osservazione utile ad un dialogo costruttivo. Ghe nient de fa…direbbero dalle mie parti

    • Robi Ronza ha detto:

      Caro Carlo,
      ti prego di replicare, se vuoi, a ciò che scrivo, e non di prenderne spunto per ribattere ad altri che non so chi siano, ma di certo non sono io.
      1) Non ho mai manifestato, né nello scritto in questione né altrove (come dovresti ben sapere), alcuna antipatia per la bandiera palestinese. Proprio per questo mi dispiace di vederla sbandierare al servizio di obiettivi di politica interna italiana con cui non c’entra per niente. Non è una questione di antipatia, tutt’altro.
      2) Premesso che Meloni mi sembra più una post-nazionalista che una post-fascista (come ho aggiunto stamattina in calce all’articolo in questione) non vedo proprio perché ad alcuni si debba perdonare tanto facilmente di essere post-qualche cosa e ad altri non lo si debba perdonare mai. E lo ribadisco.
      Osservo poi che tu di rado contesti la sostanza dei miei articoli che critichi, ma prendi spunto da loro contenuti secondari la polemica sui quali ti serve per riaffermare cose che a te stanno a cuore, ma non sono il centro della mia argomentazione. In questo caso il centro è la pretesa della sinistra post-comunista di fare della Resistenza una cosa soltanto sua, il che è contro la realtà e contro il fenomeno nel suo insieme: Resistenza armata, Resistenza civile disarmata e ruolo del Corpo italiano di Liberazione. Questa era la sostanza della mia argomentazione e su questo mi piacerebbe avere il tuo parere.
      In quanto poi al salvataggio degli ebrei italiani hai ragione a dire che l’ho già scritto più volte, ma fatto sta che, a parte me, nessuno che io sappia lo dice e lo scrive. Quindi spero che mi si perdoni l’insistenza.
      Avrei però fatto bene a ricordare (e mi dispiace di essermelo dimenticato) l’aiuto che dopo l’8 settembre 1943 tantissime famiglie, per lo più contadine ma non solo, diedero a migliaia di soldati italiani e prigionieri alleati in fuga dopo l’armistizio irresponsabilmente annunciato e gestito dal generale Badoglio, un criminale di guerra che poi riuscì abilmente a non essere riconosciuto tale. Anche questa è una grande pagina della Resistenza civile disarmata.

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