Il Festival di Sanremo, l’amore e l’equivoca giostra delle emozioni

Già da diversi anni il Festival della Canzone Italiana, la cui 70° edizione sta per concludersi a Sanremo, è sempre meno un concorso tra canzoni (ormai non di rado brutte e banali) e sempre più invece una specie di fiera campionaria dei luoghi comuni di quel nichilismo dolce che è oggi la cultura di massa «ufficiale». È difficile capire quanto questa cultura di massa riesca poi a penetrare  fin nel profondo della coscienza della gente. Nei limiti in cui ciò avviene, si aprono comunque prospettive che fanno venire i brividi.

Tanto più c’è poi da  rabbrividire alla vista del pubblico in sala a Sanremo, avamposto di una platea televisiva di quasi 10 milioni di persone: un pubblico che ingoia tutto senza fiatare e che applaude allegramente a qualsiasi cosa. É in fondo questo l’aspetto più preoccupante della situazione: il venir meno in tanta gente della capacità e della volontà di dire pane al pane e vino al vino. Non è il caso di scandalizzarsene perché in fin dei conti scandalizzarsi non serve a nulla. E nemmeno il caso di disperarsene perché tutta la storia conferma che infine la luce mette in fuga le tenebre. Tuttavia è evidente  che non sarà facile emanciparsi dalle conseguenze di questo sonno della coscienza popolare.

In sintesi il messaggio del Festival è il seguente: non c’è  bene o male, giusto o ingiusto, naturale o innaturale. Vale ogni cosa e ogni cosa è sullo stesso piano purché susciti “emozione”: il libertinaggio ostentato in ogni possibile forma come la presenza sulla scena del malato di Sla, esemplare testimone del valore della vita anche in uno stato così impegnativo  come il suo. Perciò il laico (e peraltro retorico e scontato) sermone di Rula Gebreal contro la violenza alle donne può senza sorpresa per nessuno coabitare con la partecipazione al Festival del rapper Junior Cally, noto per testi in cui canta il delirio dello stupratore e il disprezzo per la donna. Nessuno ci trova niente da ridire. Non solo il pubblico ma nemmeno la sempre e comunque indignata Rula Gebreal, e nemmeno Junior Cally, aedo (si fa per dire) della più feroce e spietata misogenia.

L’importante è poi che trionfi l’ ”amore”, ossia il sesso declassato a strumento ordinario di relazione tra le persone. Perciò da praticarsi in ogni forma, sia secondo che contro natura e possibilmente in ogni circostanza. A questo proposito i due culmini sono stati la conclusione del monologo di Roberto Benigni sul Cantico dei Cantici e il bacio sulla bocca di Fiorello a Tiziano Ferro. Dopo aver commentato lo splendido testo biblico facendo ampio uso dei più vieti luoghi comuni del pensiero laico al riguardo, e dopo aver sostenuto che il Cantico dei Cantici sarebbe stato tenuto nascosto per secoli (ma da chi?) perché non si voleva fosse conosciuto il suo “messaggio d’amore”, Benigni ha concluso dicendosi dolente di non poter invitare i presenti in sala a spogliarsi e a mettersi a fare l’amore con i vicini in una specie di grande amplesso di massa. Ciò sarebbe stato secondo lui un vero e proprio trionfo dell’amore.

Per parte sua Fiorello, in segno di riconciliazione dopo una polemica tra i due, ha appunto baciato sulla bocca Ferro. Omosessuale dichiarato, Ferro cercava di sottrarvisi anche per timore delle reazioni di suo “marito” (il che ci ha consentito di apprendere incidentalmente  che lui è la “moglie” della coppia). Qui siamo al culmine del culmine della trasgressione: un bacio amoroso di un eterosessuale a un omosessuale. Il ruolo di ospite d’onore permanente attribuito a Tiziano Ferro è peraltro così sproporzionato rispetto sia al suo livello professionale che alla sua notorietà da indurre a credere si tratti soprattutto di una concessione alla lobby Lgbt. Ferro è  non solo un cantante ma anche una figura di primo piano di tale lobby. Ostentatamente devoto, con i suoi modi e il suo abbigliamento molto formale è testimonial di un’omosessualità in doppio petto lontana dalle sconvenienze e dall’impresentabile bohème dei «gay pride» . “Sposato” con un altro gay in California dove risiede, qui da noi è uno degli antesignani della campagna per l’introduzione pure in Italia del cosiddetto matrimonio omosessuale (e non più come adesso della sola unione civile).

Un’ultima osservazione sugli ambigui e blasfemi richiami all’esperienza cristiana, iniziati subito  quando Fiorello ha inaugurato la manifestazione in abito talare. Entrato in scena benedicendo e invitando il pubblico a cantare parafrasi di inni liturgici Fiorello ha poi concluso in un groviglio di ambiguità rivelando che l’abito talare era quello del “Don Matteo” televisivo. Ci ha poi messo del suo il rapper Achille Lauro che, giunto in scena coperto da una specie di manto episcopale, se ne è poi spogliato rimanendo vestito solo con un’ aderente tuta elastica color carne. E a chi gli domandava le ragioni del suo gesto ha poi detto di essersi voluto ispirare a quando San Francesco proclamò la propria scelta di rinunciare a tutti i suoi beni denudandosi davanti al vescovo di Assisi.

In questo grande gorgo limaccioso è naufragato pure Amadeus, sin qui conosciuto come garbato presentatore di trasmissioni assai meno importanti, ma in compenso di ben più sano spirito. L’uomo sembrava di buona volontà, ma alla prova dei fatti la sua buona volontà si è rivelata  non così salda da consentirgli di reggere alle pressioni che tante potenti lobbies esercitano sul Festival.

8 febbraio 2020

 

 

 

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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3 risposte a Il Festival di Sanremo, l’amore e l’equivoca giostra delle emozioni

  1. Botturi Francesco ha detto:

    Grazie del tuo articolo su Sanremo;
    davvero la macchina della fanghiglia e il elativo consenso di massa
    danno un certa angoscia.
    C’è simmetria tra politicamente corretto e socialmente laido,
    tenaglia entro cui il “popolo” è narcotizzato e stritolato.
    Francesco

  2. Fulvio Monferini ha detto:

    Poveri ciellini nostalgici degli anni ‘ 80, collusi con mafia, finanza, affari sporchi, esattta rappresentazione del farisaismo, l’ esatto contrario del Cristianesimo. Sepolcri imbiancati !

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