La condanna di Formigoni, la realtà delle cose, e quello che nella Chiesa si farebbe  bene a capire

“Sono amareggiato e dispiaciuto per Roberto Formigoni che per diciotto anni ha contribuito a sviluppare una incontestabile serie di importanti primati in Lombardia. Non limitiamoci a giudicarlo solo per questa sentenza”:  a dirlo con parole leali e anche coraggiose (tenuto conto dell’aria che tira)  è l’attuale presidente della  Lombardia,  il leghista Attilio Fontana. Non un compagno di partito di Formigoni, e nemmeno  qualcuno di quei suoi stretti collaboratori che un pubblico ministero si permise di definire una “banda di criminali” di cui egli sarebbe stato a capo. Sono peraltro parole che bene esprimono un diffuso sentire tra la gente in Lombardia, che ogni giorno tocca con mano la buona eredità degli anni di governo di Formigoni.

Ci si deve augurare che un giorno i fatti diventino più forti di una sentenza in cui, come molto bene scrive oggi Gianluigi Da Rold su ilsussidiario.net,” il pregiudizio vale più della prova”. La sostanza dei fatti è quella che appunto Da Rold bene descrive, e che per parte mia ebbi pure modo di spiegare al momento della condanna in secondo grado dell’ex-presidente lombardo (cfr. Formigoni, 22 settembre 2018). Frattanto però, confermando ieri tale sentenza del tribunale di Milano, la Corte di Cassazione ha aperto le  porte del  carcere a Formigoni, condannato per corruzione a cinque anni e dieci mesi.

La lotta politica con mezzi giudiziari è un fenomeno purtroppo non raro in questa fase di  crisi della democrazia italiana; e dopo l’arresto e la carcerazione preventiva dei genitori dell’ex-premier Matteo Renzi non si può nemmeno più dire che sia a senso unico. Oggi chi si impegna nella vita pubblica deve mettere in conto anche rischi del genere. Il caso di Matteo Salvini, ministro dell’Interno e quindi capo della Polizia, accusato di sequestro di persona per aver vietato lo sbarco  e quindi l’ingresso di migranti illegali sul territorio italiano, dimostra fino a quali culmini di fantasia creativa tale genere di lotta politica possa giungere.

Fra i casi recenti quello di Roberto Formigoni è ovviamente il più drammatico non solo perché all’ex-presidente lombardo si aprono adesso le porte del carcere ma anche per la carica di odio che trasuda sia da tante cronache giornalistiche e radiotelevisive, e sia dalle dichiarazioni di quei nuovi farisei ipocriti dei quali il Movimento 5 Stelle è sede privilegiata anche se non esclusiva.

E’ chiaro che, in particolare nel mondo della stampa, Formigoni a molti non è mai stato simpatico. Chi lavora nel campo della comunicazione avrebbe tuttavia il dovere  di dominare  le proprie simpatie e antipatie.  La gioia feroce e l’accanimento sadico con cui si chiudono la testa e i polsi di Formigoni in una gigantesca gogna mediatica lasciano invece senza parole. L’ex presidente lombardo non manca delle risorse umane e spirituali per reggere alla prova, di cui esiste peraltro un altissimo modello, ma nessuna persona in buona fede dovrebbe negargli la propria cordiale solidarietà.

Colpisce – dico infine, ma non è certo la cosa per me meno importante – il fatto che nella Chiesa, e nel mondo ecclesiale in genere, non ci stia rendendo conto di a che cosa stia mirando l’attacco concentrico contro Formigoni: ovvero alla delegittimazione generale e definitiva dell’unica esperienza politica della Seconda Repubblica che sia stata espressione evidente, efficace, e sostenuta da grande consenso popolare, di un progetto politico largamente ispirato alla visione del mondo cristiana e alla dottrina sociale della Chiesa. Qualcuno, avendone pieno titolo, avrebbe fatto bene a correggere per tempo Formigoni richiamandolo a guardarsi dalle indulgenze e dagli stili di vita su cui poi i suoi nemici hanno fatto spregiudicatamente leva per spacciarlo per un corrotto. Qualcuno avrebbe fatto bene a non lasciarlo solo nella tempesta. Qualcuno farebbe bene a non subire passivamente la damnatio memoriae dei suoi diciotto anni di buon governo della Lombardia.

22 febbraio 2019

 

 

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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2 risposte a La condanna di Formigoni, la realtà delle cose, e quello che nella Chiesa si farebbe  bene a capire

  1. Emilio Maraschini ha detto:

    Grazie Robi per le tue osservazioni, che condivido pienamente, e che mettono in luce non solo una manipolazione del passato e un supino conformismo nel presente – specie dei media – ai nuovi gruppi dominanti, ma anche delicate responsabilità perché non diventi occasione per cancellare le incisive novità portate nella politica regionale da lui e dai suoi collaboratori.

  2. Cisco22 ha detto:

    Mentre impalavano Formigoni, Lupi e Vittadini appoggiavano la legge Cirinna’.

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