Siria: la guerra, la pace, Urkesh e l’Italia che non c’è

Mentre in Italia tutta la scena politica è occupata e assorbita dallo scontro attorno alla cosiddetta “manovra”, e mentre al di là delle nostre frontiere sembra non vi sia altro che Bruxelles, non soltanto nel più lontano mondo ma anche vicino a casa nostra avvengono cose di cui il nostro governo farebbe bene ad occuparsi.

E’ il caso innanzitutto del Vicino Oriente, dove sia pur faticosamente la guerra in Siria sta finendo e  si aprono nuovi scenari di fronte ai quali il nostro Paese avrebbe ottimi motivi per non restare con le mani in mano. I nostri precedenti governi hanno assistito passivamente a un conflitto che non solo ha devastato la Siria, ma ha anche avuto sull’Italia notevoli contraccolpi negativi dei quali mai si parla. Sarebbe bello che l’attuale governo cogliesse invece l’occasione per dimostrare che la sua politica per il Mediterraneo non è una semplice continuazione di quella dei governi di Renzi e di Gentiloni. Sospendere l’embargo contro la Siria, di cui fa le spese il popolo siriano e non certo il suo governo; riaprire l’ambasciata d’Italia a Damasco: ecco due iniziative che, senza essere destabilizzanti per nessuna delle parti in causa, riporterebbero positivamente il nostro Paese sulla scena del Levante.

Va comunque detto che negli anni della guerra la succube passività dei governi di Roma è stata compensata dalla solidarietà della gente: tramite diocesi, parrocchie e organizzazioni non governative per lo più cattoliche un flusso continuo di aiuti alimentari e sanitari ha raggiunto i civili intrappolati nelle città e nei villaggi divenuti teatro di guerra.

Un caso molto particolare ma davvero straordinario è poi quello degli archeologi Giorgio Buccellati e Marilyn Kelly Buccellati i quali, malgrado l’embargo, sono riusciti a evitare l’abbandono e il saccheggio dell’area archeologica di Tell Mozan/Urkesh, di cui da decenni si occupano, mobilitando e sostenendo a distanza i loro collaboratori locali e gli altri abitanti dei villaggi vicini agli scavi.

Qualche giorno fa, lo scorso 28 ottobre,  ha riaperto i battenti a Damasco il Museo nazionale, da lungo tempo chiuso al pubblico e blindato per timore di possibili bombardamenti aerei. L’evento sarebbe importante per qualsiasi Paese che stia uscendo da una guerra, ma tanto più lo è per la Siria. La comune antichissima eredità storica è infatti una componente fondamentale dell’identità nazionale siriana. E’ questa comune eredità la principale radice della coesione di un Paese altrimenti molto eterogeneo, che perciò ha potuto venire usato come detonatore di conflitti che non lo riguardavano. La riaffermazione di tale eredità, di cui il Museo nazionale costituisce il grande simbolo, è pertanto un elemento-chiave nel processo di pacificazione e di ricostruzione, che ora in Siria si impone, dell’identità nazionale.

In tale prospettiva è quanto mai significativo il fatto che a Damasco all’ingresso del Museo i visitatori troveranno, per le prime settimane dopo l’apertura ufficiale, una grande mostra che illustra la straordinaria vicenda, di cui si diceva, del sito archeologico di Tell Mozan / Urkhesh negli anni della guerra. Si tratta di una versione con testi in lingua araba della mostra dal titolo I millenni per l’oggi già allestita nello scorso agosto al Meeting di Rimini 2018. Una sua versione preliminare era stata allestita prima a Beirut con l’appoggio dell’UNESCO e poi, lì pure con grande successo, nella città siriana di Qamishli vicino al sito di Urkesh, nell’aprile 2018.

Insieme al grande flusso di iniziative di solidarietà con i civili siriani vittime della guerra, cui più sopra si accennava, un episodio come quello di Urkesh  conferma quanto la “politica estera” del popolo italiano sia diversa da quella di quei governi di Roma che nulla hanno fatto per contrastare una guerra tanto sanguinosa quanto senza alcuna prospettiva. Adesso si può sperare in un cambio di marcia, oppure (a parte gli squilli di twitter) tutto continuerà come prima?

 

 

 

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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